Le responsabilità
Il processo di primo grado si svolse a Trento e si concluse l’8 luglio 1988 con la condanna di 10 imputati giudicati colpevoli dei reati di disastro colposo e omicidio colposo plurimo e cioè:
- i responsabili della costruzione e gestione del bacino superiore che crollò per primo: i direttori della miniera e alcuni responsabili delle società che intervennero nelle scelte circa la costruzione e la crescita del bacino superiore dal 1969 al 1985,
- i responsabili del Distretto minerario della Provincia Autonoma di Trento che omisero del tutto i controlli sulla discarica.
Il procedimento penale si è concluso dopo altri 4 gradi di giudizio con la seconda sentenza della Corte di Cassazione, emessa il 22 giugno 1992, che ha confermato le condanne pronunciate in primo grado.
Le pene di reclusione sono state ridotte e condonate nel corso dei vari gradi di giudizio.
Nessuno dei condannati ha scontato la pena detentiva.
Vennero condannate al risarcimento dei danni in veste di responsabili civili per la colpa dei loro dipendenti:
- le società che nello stesso periodo ebbero in concessione la miniera di Prestavèl o intervennero nelle scelte relative alla discarica: Montedison S.p.A., Industria marmi e graniti Imeg S.p.A. per conto della Fluormine S.p.A., Snam S.p.A. per conto della Solmine S.p.A., Prealpi Mineraria S.p.A.,
- la Provincia Autonoma di Trento.
Il risarcimento del danno di 739 danneggiati per complessivi oltre 132 milioni di Euro è stato liquidato quasi per intero in via transattiva nel 2004 da Edison per conto di Montedison (31%), Eni-Snam per conto di Solmine (26%), Finimeg per conto di Imeg e Fluormine (16%) e Provincia Autonoma di Trento (27%).
Prealpi Mineraria, nel frattempo fallita, non ha versato alcuna somma ai danneggiati.
Il risarcimento per la perdita di vite umane è stato quantificato come quello per infortuni stradali. Nell’ambito della transazione sono stati interamente rimborsati gli importi anticipati dallo Stato e dalla Provincia Autonoma di Trento per i soccorsi, il ripristino e la ricostruzione.
Al di là delle azioni e omissioni penalmente rilevanti, concorsero al disastro di Stava una serie di comportamenti che vanno oltre la sfera giuridica e si caratterizzano principalmente nell’aver anteposto alla sicurezza dei terzi la redditività economica degli impianti sia da parte delle società concessionarie che degli Enti pubblici istituzionalmente preposti alla tutela del territorio e della sicurezza delle popolazioni.
Venne sottoposta a dura censura da parte dei giudici, anche se non fu giudicata rilevante dal punto di vista penale, la condotta di numerosi Uffici pubblici e dei costruttori e gestori del bacino inferiore. La condotta degli amministratori pubblici e dei titolari delle società concessionarie non fu giudicata penalmente rilevante perché essi affidano gli aspetti tecnici a dipendenti con adeguate conoscenze.