Anni '40 del Novecento - Vista dall'alto

La “Chenàra’

L’essicatoio per la produzione di semi di conifera era l’edificio forse più originale della via Mulini a Tesero. Il nome “chenàra”, con il quale era chiamato l’impianto, deriva da “chèni”, il termine localmente usato per indicare gli strobili o pigne di conifera. I forni e vari macchinari consentivano l’essicazione degli strobili, l’estrazione dei semi, la loro pulitura e conservazione.

La “chenàra”, costruita nel 1860 al posto di un vecchio mulino, rimase in funzione fino al 1977.

Funzionamento

Il canale (ròsta), con l’acqua proveniente dal Rio Stava, alimentava una turbina modello “Francis” verticale custodita all’esterno in un ambiente apposito. L’ingranaggio era in legno e l’albero di trasmissione orizzontale. Sullo stesso si collegavano le pulegge che mettevano in moto le varie macchine.

Gli strobili venivano scaricati al piano tessa e pesati e da qui, tramite un elevatore, venivano portati nel sottotetto e sparsi per terra in uno strato non superiore ai 50/60 cm. Ogni due giorni degli operai le rivoltavano per impedire che fermentassero.

Quando cominciavano ad aprirsi, venivano messi in una tramoggia collegata con un tubo attraverso il quale si facevano scendere al primo piano. Qui finivano direttamente in cassettine che venivano portate nei tre forni, alti circa quattro metri e composti di tanti ripiani dove venivano collocate le cassette; al centro di ogni forno c’era un corridoio e per i ripiani più alti si usava una scala. Quando gli strobili erano pronti, venivano tolti dai forni e messi in una tramoggia che a sua volta li versava in un buratto che, girando su sé stesso, faceva fuoriuscire i semi dalle pigne.

Mentre queste ultime, attraverso una condotta, finivano al pianoterra e venivano usate per alimentare la caldaia che riscaldava i forni, le sementi finivano in un setaccio a tre piani con maglie via via più sottili che le liberava dalle scorie.

Da qui, i semi setacciati e selezionati passavano attraverso una disalatrice che, mediante degli spazzolini, staccava loro l’aletta.

Entravano quindi in una pulitrice che toglieva le ultime impurità e infine, attraverso una condotta in legno, finivano al pianterreno dentro un apposito sacco.

Gli strobili venivano portati d’autunno e quindi lo stabilimento lavorava da allora fino alla primavera; d’estate chiudeva e gli operai, in genere, si dedicavano ai lavori agricoli.

Venivano lavorate le pigne dell’abete rosso (pécio), dell’abete bianco (avézo), del larice (làres) e del pino cembro (zìrmo). Ovviamente, si lavoravano prima gli strobili di una specie e poi, dopo aver pulito le macchine, quelli di un’altra.

Documenti:

Testo completo Chenara – comprensivo di note storiche e struttura

Descrizione – Archivio ufficio foreste demaniali di Cavalese

Fonti: Elisa Antoniazzi, Delugan Vittorio, Lena Iellici, Luigi Tisi, Raffaele Zeni; documenti conservati nell’archivio comunale di Tesero; informazioni raccolte all’Ufficio tavolare di Cavalese
Interviste: effettuate da: Lucia Anzaline, Isabella Corradini, Mara Doliana, Roberta Genuin, Nadia Rosà, Claudia Vinante, Mariella Zeni della classe II/B dell’anno scol. 1985-86 che hanno curato anche questa scheda e questa sezione
Fotografia: Archivio Cassa Rurale Val di Fiemme
Ricerche d’archivio: prof. Italo Giordani
Cura grafica: prof. Elio Vanzo
Coordinatore: prof. Paolo Degasperi