Lodrone di Storo

La frana di Lodrone di Storo – 2000

Nel settembre del 2000 una frana di 500 mila metri cubi di terra e roccia incombeva su Lodrone, duemila abitanti circa, una frazione del comune di Storo in provincia di Trento al confine con la provincia di Brescia.

L’allarme per l’imponente movimento franoso è scattato quando un cacciatore notò alcune profonde fessure nel terreno sul versante orografico destro della valle del rio Santa Barbara e la presenza anomala di acqua abbondante nello stesso rio Santa Barbara.

Dopo i primi controlli i geologi della Provincia Autonoma di Trento avanzarono l’ipotesi che le nuove sorgenti alla base della frana potessero essere alimentate da eventuali perdite della condotta che porta l’acqua dall’invaso sovrastante alla centrale idroelettrica della società “Caffaro Energia”.

“La frana – spiegarono i periti – non minaccia direttamente zone abitate ma potrebbe precipitare nel torrente sbarrando il corso d’acqua e creare un invaso in grado di minacciare il paese. In questo caso l’effetto distruttivo sarebbe enorme e i danni certamente rilevanti”.

La tesi secondo la quale la frana fosse provocata da perdite nella condotta che porta l’acqua alla centrale della Caffaro Energia ha trovato conferma in due sentenze di condanna pronunciate in primo grado e in appello a carico di tre amministratori della società idroelettrica, giudicati colpevoli del reato di disastro colposo.

La stessa società Caffaro Energia è stata condannata a risarcire i danni subiti dal Comune di Storo e dalla Provincia Autonoma di Trento che dovettero ordinare l’evacuazione del paese e provvedere alla messa in sicurezza della zona a rischio.

Le analogie fra la frana di Lodrone, i disastri del Vajont e di Stava sono evidenti.

La frana di Lodrone è stata provocata dalle infiltrazioni d’acqua della conduttura della centrale idroelettrica che per 40 anni, come aveva affermato il sindaco di Storo, non è stata sottoposta a controlli e manutenzioni: ciò significa che, malgrado il Vajont e Stava, i responsabili dell’impianto e i controllori non si sono posti il problema né delle ripercussioni che le perdite d’acqua possono avere sulla stabilità del pendio né della sicurezza di un’intera popolazione.